Ripartire: l'Europa ha fatto la sua parte, adesso tocca a noi
22 lug 2020 |
Al termine di cinque giorni di ininterrotti negoziati, il Consiglio Europeo ha assunto decisioni di straordinaria importanza: un bilancio comune di 1000 miliardi, un Fondo di ricostruzione - il Recovery Fund - di 750 miliardi (di cui 390 senza restituzione). Per l'Italia significa una disponibilità finanziaria di 208 miliardi, 127 a prestito e 81 senza restituzione. Risultati tutt'altro che scontati, anzi per alcuni aspetti considerati impossibili ancora qualche settimana fa. Per la prima volta l'Unione Europea vara un grande piano di investimenti a debito comune e dopo quarant'anni di discussioni si emettono gli eurobond con cui verranno reperite le risorse sul mercato del risparmio e dei capitali. Proprio l'ambizione delle decisioni spiega anche la complessità e l'asprezza del negoziato: ognuno dei 27 capi di governo era portatore di interessi e orientamenti diversi e la composizione in un programma condiviso non poteva che comportare confronto, discussione, compromessi. E alcune scelte - la riduzione delle risorse previste originariamente per ricerca, formazione e cultura - appaiono poco comprensibili e dovranno essere corrette dal Parlamento Europeo in sede di approvazione definitiva del Bilancio. In ogni caso quel che conta è l'esito finale che segna un salto di qualità nella vita dell'Unione Europea: profondamente scossa dalle sofferenze e dalle conseguenze di Covid19, l'Europa ha saputo reagire scegliendo la strada della solidarietà e della comune responsabilità, superando il rischio di essere risucchiata negli egoismi e nelle chiusure nazionalistiche. Se poi ai 1750 miliardi varati in questi giorni si aggiungono le decisioni adottate dalle istituzioni europee nei mesi scorsi - 1000 miliardi di titoli europei acquistati da BCE, 200 per Fondo di garanzia della BEI a favore delle imprese, 100 del SURE per sostenere chi ha perso il lavoro, 240 del Fondo MES per l'emergenza sanitaria, sblocco degli aiuti di Stato, sospensione dei vincoli del Patto di Stabilità - si può ben dire che l'Europa ha fatto e sta facendo la sua parte. Scelte così ambiziose impongono a ogni governo la responsabilità di utilizzare al meglio le ingenti risorse stanziate e di mettere in campo gli investimenti e le riforme necessarie a rilanciare la crescita, a creare lavoro, a dare un futuro ai giovani, a tutelare persone e famiglie. Questo vale in primo luogo per l'Italia, il Paese che più beneficerà dei finanziamenti europei. Anche questo un esito non scontato e ottenuto grazie alla determinazione e alla capacità negoziale con cui il Presidente Conte e il Ministro Amendola hanno fatto valere le ragioni dell'Italia, costruendo alleanze con la Cancelliera Merkel, il presidente Macron, i leader dei Paesi mediterranei e gran parte dei capi di governo. L'Italia disporrà così di 208 miliardi - a cui aggiungere altri 100 miliardi derivanti dagli altri strumenti europei - sono una cifra notevole con cui finanziare un grande piano di investimenti per infrastrutture, digitalizzazione, ricerca, formazione, green economy. E per rendere efficaci gli investimenti servono riforme da tempo invocate e da troppo tempo attese: disboscare la giungla burocratica che soffoca il Paese, accelerare i tempi della giustizia, rendere efficienti i servizi pubblici, scommettere su ricerca e formazione. Insomma, l'Europa ha fatto e sta facendo la sua parte. Adesso tocca a noi fare bene e presto, cogliendo fino in fondo e nei migliori dei modi un'occasione irripetibile per cambiare l'Italia. Piero Fassino |