IL TEMPO NON LAVORA PER LA PACE
Era il settembre 1993 quando a Washington Itzak Rabin e Yasser Arafat sottoscrissero un accordo che in cinque anni avrebbe dovuto portare ad una soluzione di pace fondata sul principio 2 popoli / 2 Stati con la nascita di uno Stato palestinese a fianco di uno Stato di Israele riconosciuto dai suoi vicini. Sono trascorsi 30 anni e le speranze suscitate da quell’accordo hanno lasciato il posto via via alla delusione, al disincanto, alla frustrazione e alla rabbia, aprendo lo spazio a chi - Hamas e Jihad islamica - quell’accordo non lo ha mai accettato, contesta l’idea stessa di una convivenza di due Stati e non ha esitato a scatenare contro Israele una atroce aggressione per impedire qualsiasi forma di convivenza tra ebrei e palestinesi, che oggi appare ancora più lontana.
Era il 2014 quando, sotto l’egida di Germania e Francia, Kiev e Mosca firmarono gli Accordi di Minsk che dovevano consentire la normalizzazione delle relazioni russo-ucraine e la regolazione dello status delle province del Donbass. Aver lasciato decorrere il tempo senza che a quegli accordi si desse corso ha riacutizzato il conflitto tra Russia e Ucraina, culminato nella sciagurata decisione di Putin di invadere l’Ucraina e di annettere le regioni occupate alla Federazione Russa. Una guerra che si protrae da 600 giorni con il suo carico di lutti, sofferenze e devastazioni. Era il 1994 quando al termine di un sanguinoso conflitto si sottoscrisse un accordo armistiziale tra Azerbaigian e Armenia e nel Nagorno-Karabach si radicò una amministrazione locale armena (internazionalmente non riconosciuta). Da allora assenza di qualsiasi dialogo e continue vampate di nuovi conflitti armati, culminate in una nuova guerra nel 2020 e infine nella definitiva conquista della enclave armena da parte dell’Azerbajgian e l’esodo forzato di 140.000 armeni costretti ad abbandonare terre in cui quella comunità viveva da secoli. Era il 1995 quando, all’indomani della pace di Dayton, la comunità internazionale promise ai Paesi dei Balcani la loro integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche (Nato e UE) per dare stabilità e pace a una regione insanguinata da atroci conflitti etnici. Impegno che l’Unione Europea rinnovò formalmente nel 2003 al Consiglio di Salonicco. Sono passati 28 anni da Dayton e 20 da Salonicco senza che nessun Paese dei Balcani occidentali sia ancora membro dell’Unione europea (mentre tre sono entrati nella Nato). Una estenuante attesa che ha provocato sfiducia e delusione nelle opinioni pubbliche della regione, aperto spazi ad altri attori (Cina, Russia, Turchia, Emirati arabi), consentito il riemergere di pulsioni nazionalistiche e offerto alle classi dirigenti dei Paesi candidati l’alibi per rallentare le riforme necessarie all’adeguamento europeo dei loro standard. Era il 1974 quando in seguito ad una grave crisi a Cipro, la Turchia occupò con i suoi soldati la parte nord dell’isola. Da allora, nonostante ben sei tentativi negoziali promossi dall’ONU, Cipro continua a essere divisa in due parti contrapposte. Ho richiamato cinque situazioni diverse - e ciascuna delle quali con le proprie criticità specifiche - tutte però segnate nella loro evoluzione dal logoramento provocato da trascorrere passivo e inerte del tempo. Accade sempre più spesso che di fronte alla difficoltà di promuovere soluzioni, la politica e la diplomazia si affidino all’illusione che il decorrere del tempo faciliti soluzioni. Una dinamica accentuata dalla crisi del multilateralismo e dalla paralisi delle istituzioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite. La verità è purtroppo di segno opposto: con il tempo via via gli scenari iniziali cambiano, mutano le condizioni per realizzare soluzioni di pace e stabilità, entrano in campo altri protagonisti e interlocutori, le posizioni dei contendenti si radicalizzano, si aprono varchi a nuovi esplosivi conflitti. La crisi drammatica che vive il Medio Oriente in questi giorni ne è una tragica conferma: il tempo non lavora per la pace, che invece ha bisogno di iniziative tempestive, mediazioni coraggiose, ricerca instancabile di soluzioni, assunzione di responsabilità.
Piero Fassino
21 ottobre 2023
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