LA DESTRA E LA BULIMIA DEL POTERE
Il senso dello Stato di chi è chiamato a guidare una nazione si misura da come si relaziona alle istituzioni e agli apparati pubblici. E chi ha responsabilità pubbliche e istituzionali dovrebbe ispirare i propri comportamenti a imparzialità, rispetto delle competenze, tutela della autonomia di ogni istituzione e apparato.
Quel che invece stanno facendo il governo Meloni e la sua maggioranza è esattamente l'opposto. Si guardi al modo con cui la destra sta occupando la Rai, invadendo ogni possibile spazio, affidando incarichi non sulla base della competenza, ma della sola sudditanza ai voleri di chi governa. Non si nomina questo o quel dirigente sulla base della professionalità o dei risultati acquisiti, ma se è indicato da questo o quel partito della maggioranza. Un clima irrespirabile di arroganza e conformismo che ha già spinto riconosciuti e apprezzati professionisti come Fabio Fazio, Luciana Littizzetto e Lucia Annunziata a lasciare l'azienda. Esodi a cui altri probabilmente seguiranno con evidente impoverimento e danno per il servizio televisivo pubblico. Si dirà: "ma anche in passato le nomine erano dettate dai partiti". Personalmente ho sempre considerato un errore la ingerenza della politica nella vita della RAI (e negli anni in cui ho guidato il mio partito mi sono sempre astenuto da richiedere o sollecitare nomine). Ma in ogni caso in passato, anche quando i partiti influenzavano nomine, assicuravano un equilibrio e un pluralismo culturale che non rendesse la RAI succube di chi guidava il Paese, mentre oggi si sta trasformando l'azienda pubblica televisiva nella "voce del padrone". Analogo arrogante atteggiamento stanno manifestando molti esponenti della maggioranza nella scelta del Commissario per la ricostruzione delle aree travolte in Romagna dalla furiosa ondata di maltempo. L'imponenza dei danni richiede che sia chiamato a guidare programmazione e gestione della ricostruzione una personalità che abbia piena conoscenza del territorio, sia riconosciuto da Sindaci e comunità locali, abbia dimostrato di saper gestire emergenze. Buon senso e logica portano a considerare come "naturale" la nomina nell'attuale Presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che peraltro ha già dato buona prova di sé come Commissario alla ricostruzione delle zone terremotate. Ed è significativo che la pensino così anche autorevoli Presidenti di Regione della destra come Zaia e Toti. Invece, a dispetto della invocazione di unità di intenti da parte della Presidente del Consiglio, ministri, parlamentari, consiglieri regionali del suo partito, del tutto disinteressati alla ricostruzione, passano le loro giornate a denigrare Bonaccini con l'unico obiettivo di impedire che sia nominato. Con la stessa arroganza del potere la destra sta imponendo la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla pandemia Covid con l'unico intento di imbastire un processo al Presidente Conte, al Ministro Speranza e a dirigenti ministeriali, tecnici e esponenti del mondo sanitario che hanno sostenuto la enorme fatica di gestire la pandemia. Una inchiesta con cui si vorrebbero far emergere presunte e indimostrate responsabilità di mala gestione, quando tutti sappiamo che tutto il mondo ha dovuto fare i conti con un virus sconosciuto fino a quel momento, senza che vi fossero farmaci e vaccini per contrastarlo e obbligando i governi a provvedimenti straordinari per limitarne diffusione e conseguenze. E chiunque abbia onestà intellettuale sa anche che l'Italia ha gestito quell'emergenza sanitaria con molta più tempestività e efficacia di altri Paesi (ad esempio della Gran Bretagna). E già questo dovrebbe bastare a dimostrare l'inutilità di una Commissione di inchiesta su Covid19. Ma è bene anche che si sappia che le commissioni parlamentari di inchiesta sono "strutturalmente" strumento del tutto inadatto ad accertamenti imparziali e oggettivi. Mentre negli Stati Uniti e in altri Paesi le commissioni parlamentari di inchiesta hanno una composizione paritaria - proprio per evitare prevaricazioni - in Italia le commissioni di inchiesta sono composte da un numero di membri proporzionale alla consistenza dei gruppi parlamentari. Il che significa che chi è maggioranza di governo è maggioranza anche nella Commissione, che si trasforma così in uno strumento per colpire l'opposizione. Non lo dico in astratto, ma per esperienza personale. Nel 2001 appena vinte le elezioni, il governo Berlusconi impose al Parlamento la costituzione di una Commissione di inchiesta su Telecom Serbia con l'intento di mettere sotto accusa Prodi, Dini e me. Una inchiesta fondata su accuse false, testimoni prezzolati, denigrazione quotidiana sugli organi di stampa. Una vera e propria montatura che non riuscì nel suo intento soltanto grazie alla magistratura che svelò la macchinazione e mandò a processo chi l'aveva imbastita che fu condannato per associazione a delinquere, ricettazione di documentazione falsa e calunnia. Analoga operazione fu parallelamente tentata dalla destra con la Commissione Mitrokin per colpire D'Alema e altri esponenti del centrosinistra. Commissione anche questa che si rivelò essere una montatura priva di qualsiasi fondamento. Nonostante queste esperienze negative, la destra anche oggi ricorre alle Commissioni di inchiesta con l'unica finalità di usarla come una clava per colpire gli avversari politici, dimostrando così quale concezione la destra ha della politica e delle istituzioni. Insomma, la bulimia del potere non conosce limiti. Ma a farne le spese sono l'Italia e gli italiani che alla politica chiedono serietà, responsabilità, rigore. Una richiesta a cui la destra è del tutto sorda.
Piero Fassino
27 maggio 2023
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