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L'ERA TRUMP
Le parole del Presidente Trump non potevano essere più chiare. Chi aveva pensato che le dichiarazioni di Trump delle scorse settimane fossero delle boutades di un novello capitan fracassa si deve ricredere.
Espulsione di massa degli immigrati illegali e invio dell'esercito ai confini con il Messico; revoca del diritto di cittadinanza per figli di stranieri illegali (fino ad oggi chi nasce in America è automaticamente cittadino, a prescindere dallo status del genitore); rilancio delle trivellazioni e dell'energia fossile per fare dell'America il leader mondiale del petrolio; negazione dell'emergenza climatica, uscita dagli Accordi di Parigi e abbandono di ogni politica green e di riconversione energetica, comprese le auto elettriche; riconquista del Canale di Panama; cancellazione delle sanzioni ai coloni israeliani in Cisgiordania; relazioni internazionali fondate su realpolitik e rapporti di forza, in dispregio a qualsiasi rispetto di diritti umani e principi democratici; uscita dall'OMS e amnistia per chi ha rifiutato i vaccini; grazia per gli assalitori di Capitol Hill; pieni poteri alle forze di polizia in deroga a diritti e garanzia; deregulation in tutti i settori industriali e produttivi e dazi penalizzanti sulle importazioni; abolizione di ogni limite alla comunicazione digitale; rifiuto di riconoscere la pluralità degli orientamenti sessuali. Il tutto condito con un attacco frontale all'amministrazione Biden definita brutalmente "corrotta ed estremista". Un discorso rivolto alle diverse costituency della vittoria elettorale di novembre. Per un verso rassicurando quella parte di società americana che ha vissuto la globalizzazione come perdita delle proprie sicurezze, la cultura woke come umiliazione della propria storia, l'immigrazione come attentato alla propria identità. E contemporaneamente un discorso rivolto a Wall Street e alle oligarchie della digitalizzazione avanzata (Musk ne è il simbolo) e a settori produttivi ansiosi di liberarsi di ogni vincolo e responsabilità sociale. Mondi unificati da un messaggio di rivincita e riscatto: un'America che tornerà a guidare il mondo, affermerà prima i propri interessi, restituirà prosperità a tutti. È il MAGA, Make America Great Again, la riproposizione di America First, ben rappresentato dalla promessa di piantare su Marte la bandiera stella e strisce. È la nuova "età dell'oro" con cui Trump ha voluto definire il suo mandato presidenziale proclamando il 20 gennaio 2025 il "giorno della liberazione". È un mutamento radicale di paradigma del ruolo dell'America e delle sue relazioni con il mondo che a sua volta è chiamato a ridefinire il suo rapporto con l'America. Soprattutto il progetto trumpiano sollecita l'Unione europea a darsi un profilo e una strategia all'altezza della sfida lanciata dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Non solo, ma Trump non fa alcun mistero di bilateralizzare i rapporti internazionali, non riconoscendo l'Unione europea come un interlocutore. La UE dunque è di fronte a scelte ineludibili. Mario Draghi e Enrico Letta nei loro Rapporti hanno indicato la strada: un forte salto in avanti nelle politiche di integrazione in ogni settore affinché la Ue sia capace di parlare con una sola voce e agire con una sola mano. Obiettivo non semplice in un'Europa dove il vento sovranista ha sospinto le destre antieuropee di forti simpatie trumpiane alla testa di un terzo dei Paesi europei. Ma altra strada non c'è se si vuole che la UE non sia vaso di coccio in mezzo a vasi di bronzo.
Piero Fassino
24 gennaio 2025
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