DAL VOTO LA SPINTA ALL'ALTERNATIVA
Per quanto la destra si sforzi di mascherarlo, l'esito delle elezioni amministrative è indiscutibile: un netto successo del centrosinistra e dei progressisti. Un esito che non risolve la criticità del rapporto tra cittadini e politica testimoniato dagli alti tassi di astensione dal voto.
E tuttavia se si guarda alla attuale geografia politica nei 20 capoluoghi di Regione le cifre non sono contestabili. Il centrosinistra guida oggi in Italia le città di Torino, Milano, Bologna, Firenze, Perugia, Roma, Campobasso, Napoli, Bari, Potenza, Reggio Calabria, Cagliari. E con loro migliaia di Città e Comuni di ogni dimensione. E peraltro anche il traino di candidati Sindaci nei risultati delle elezioni europee ha reso evidente quanto l'esperienza amministrativa sia un punto di forza per il centrosinistra e i progressisti.
In realtà tutto ciò non è sorprendente, ma fotografa dati di fatto: la maggiore qualità delle amministrazioni progressiste; il radicamento territoriale e sociale del personale politico e delle organizzazioni di sinistra; il peso dell'affidabilità dei candidati. Caratteri assai più deboli nella destra e nel suo personale politico e amministrativo. Ed è ridicolo che la destra addebiti al doppio turno la ragione della sconfitta. In tutti i capoluoghi di regione e di provincia andati al ballottaggio ha vinto il candidato che già al primo turno era risultato primo. E dunque il risultato sarebbe stato lo stesso anche con un sistema a turno unico.
Sul voto di queste domeniche hanno inciso ovviamente anche fattori politici nazionali: l'allarme suscitato, soprattutto al sud, dalle forzature della destra sull'autonomia differenziata. Così come allarme ha suscitato la torsione plebiscitaria imposta al sistema istituzionale con la proposta del premierato. Come allarme hanno suscitato le politiche perseguite dal governo in materie sociali sensibili - la sanità prima di tutto - e gli annunci su una legge di bilancio con ulteriori riduzioni nella spesa sociale. E infine ha pesato anche il fastidio per l'arroganza - si pensi alla Rai - con cui la destra gestisce il suo potere.
Peraltro un segnale dell'inquietudine di una parte dei cittadini era già venuto dal voto europeo dove FdI ha raccolto 700.000 voti in meno rispetto alle elezioni politiche del 2022. Una tendenza confermata nel voto amministrativo dove il "paracadute" Meloni non è stato sufficiente a evitare le sconfitte in molte città. Cosi come dal voto europeo e dal voto amministrativo esce confermato il costante declino della Lega.
Certo, gli equilibri politici parlamentari rimangono inalterati. Ma il voto dice che la destra non è imbattibile e un'alternativa è possibile. Un voto che consegna alle forze di opposizione la responsabilità di darvi corso, superando divisioni, competizioni e gelosie che l'elettorato per primo chiede di abbandonare.
In questo scenario esce netto il ruolo centrale del PD nell'essere forza aggregante di una vasta alleanza progressista e riformatrice. Un PD che ha espanso il proprio consenso elettorale, tessendo alleanze larghe, ritrovando dinamismo politico e radicamento, promuovendo una nuova leva di amministratori locali e di dirigenti politici. Migliori condizioni a cui adesso deve corrispondere, con pazienza e determinazione, l'avvio della costruzione dell'alternativa, mettendo in campo un progetto che restituisca agli italiani le certezze che troppi hanno visto smarrite.
 

Piero Fassino
27 giugno 2024