8 e 9 GIUGNO: UNA SCELTA DI CAMPO
Se ancora qualcuno aveva dei dubbi, i toni assunti da Giorgia Meloni in queste settimane non lasciano adito a equivoci. Dismessi i panni istituzionali di Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha indossato l'armatura di aggressivo leader di partito rilanciando tutte le parole d'ordine oltranziste del bagaglio antieuropeo della destra nazionalista e populista.
Si è così definitivamente chiarito quanto fosse strumentale e di puro maquillage la strategia di accreditarsi come un leader europeo, sia pure conservatore. No, Giorgia Meloni nell'Unione europea non crede e il suo obiettivo è smantellare l'edificio comunitario europeo costruito nei 65 anni che ci stanno alle spalle.
Ma il ricorso alla demagogia è anche funzionale da parte della Meloni alla ricerca di un'investitura plebiscitaria. L’enfasi propagandistica su "Giorgia", la ossessione di presentarsi come "donna del popolo" (modello Evita), il ricorrere costantemente al "noi" e "loro" in una continua demonizzazione degli avversari politici, l'aggressività spinta e il ricorso a un linguaggio strafottente assai poco consono ad un capo di governo: tutto questo è finalizzato a sollecitare una investitura popolare che copra le tante fragilità e contraddizioni di un governo e di una maggioranza che - dalla sanità all'immigrazione, dalla scuola agli investimenti, dal Sud ai diritti civili - rivela un volto regressivo e un'idea della società ingiusta ed egoista. E d'altra parte la volontà di sovvertire l'attuale assetto istituzionale con il premierato a elezione popolare rappresenta il coronamento di un'idea della politica e del potere fondato su un rapporto diretto leader-popolo, emarginando i ruoli di Parlamento, partiti e attori sociali.
Il voto europeo si configura così come una scelta di campo tra chi crede in un'Italia protagonista del rilancio dell'integrazione europea e chi rinchiude l'Italia nei suoi confini condannandola all'irrilevanza e alla marginalità.
È la stessa scelta di campo che si ritrova in Europa dove le forze nazionaliste e antieuropee sono all'offensiva per ridurre l'Unione europea a un guscio vuoto. E sono le forze - dalla Le Pen a Vox, da Orban alla destra polacca - con cui la Meloni, liberandosi sbrigativamente della maschera moderata, non ha esitato ad allearsi.
Fermare l'onda reazionaria e rimettere in moto il processo di integrazione è dunque la sfida che sta di fronte alle forze democratiche in Italia e in Europa. Compito che richiede di di mettere in campo scelte coraggiose di riforma dell'architettura europea, liberando l'Unione di incrostazioni burocratiche e ostacoli procedurali (come il voto all'unanimità) che paralizzano la capacità di decidere e agire. Un compito a cui il PD, insieme agli altri partiti della famiglia socialista, può e vuole dare un forte contributo.
Un voto davvero importante quello di sabato 8 e domenica 9 giugno per fermare la destra e riaprire una prospettiva di crescita, di lavoro, di giustizia e di diritti in Italia e in Europa.
Ma il voto di sabato e domenica ha anche un grande valore per milioni di cittadini che, in quasi 4000 Comuni italiani, sono chiamati a eleggere il proprio Sindaco e i propri amministratori. Sappiamo quanto per la vita quotidiana di persone, famiglie, imprese siano decisive le scelte e la capacità di governo delle amministrazioni comunali.
Avere un Sindaco capace, dedicato e competente fa la differenza.
Anche in questo caso il voto è chiamato a una scelta di campo: di fronte ad un governo nazionale che taglia risorse per servizi essenziali ai cittadini - dalla sanità agli asili, dai trasporti alla casa, dalla disabilità agli investimenti ambientali - serve un voto che difenda l'autonomia dei Comuni. Il voto ai candidati del PD e delle liste sostenute dal PD è il voto più utile per riaffermare la centralità dei Comuni e per eleggere amministratori che mettano al centro della loro azione i cittadini e le loro domande.
 

Piero Fassino
6 giugno 2024