LA SFIDA EUROPEA E LA DESTRA
Ci sono almeno due ragioni che hanno spinto la Presidente Meloni a decidere di candidarsi in tutte le circoscrizioni italiane per la elezione del Parlamento europeo.
La prima è la scelta di utilizzare il passaggio elettorale per radicare consenso a quel "premierato a elezione diretta" con cui la Meloni intende trasformare il sistema politico, in un rapporto plebiscitario e diretto leader-popolo, bypassando il ruolo di mediazione politica svolto dalle istituzioni (Parlamento e Presidenza della Repubblica) e dai partiti politici. Un modello populistico enfatizzato dalla richiesta di votare per "Giorgia", donna del popolo antagonista delle elites. Una modalità che richiama la figura di Evita Peron che fece del rapporto emotivo e personale con i descamisados il pilastro del consenso popolare allo Stato corporativo di Juan Domingo Peron.
La seconda ragione è che la Presidente del Consiglio, chiedendo un voto per sé e su di sé, cerca di ridurre il valore europeo del voto.
Sull'Europa la Presidente del Consiglio vive infatti, fin dal primo giorno, una evidente contraddizione: è leader di una destra antieuropea che esprime una radicale ostilità all'integrazione europea. Ma come Presidente del Consiglio di uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea la Meloni non può metterne in discussione l'esistenza e le sue scelte fondamentali. Contraddizione che la Presidente del Consiglio ha cercato di risolvere ricorrendo a una duplicità di linguaggio - demagogicamente ostile all'Europa nei congressi di Vox o di Orban; consociativa nelle riunioni del Consiglio europeo - nonché stabilendo un rapporto personale con la Presidente della Commissione europea, nella speranza che dalle urne del 9 giugno escano equilibri che offrano alla destra lo spazio per esercitare un ruolo nella scelta degli assetti dell'Unione.
È una stratega abile, confermata anche dallo slogan con cui Fratelli d'Italia chiede il voto "per un'Italia che cambi l'Europa" in cui quel "cambi" è parola carica di ambiguità non evidenziando in quale direzione dovrebbe muovere il cambiamento.
Anche perché nel linguaggio della destra ritornano slogan - l'Europa delle nazioni, la tutela della sovranità nazionale, la dittatura della tecnocrazia di Bruxelles - che tendono a rappresentare l'Unione europea come un peso, un vincolo, un costo liberandosi dai quali tutto sarebbe più facile. E con quell'impianto intercettare la domanda di protezione di opinioni pubbliche percorse da ansie, incertezze e paure suscitate da un quindicennio di criticità (prima la crisi economica, poi il Covid e infine le guerre alle porte di casa). Un'operazione che in modo ancor più esplicito persegue la Lega che chiede un voto per "più Italia, meno Europa".
Una rappresentazione in realtà falsa. Basterebbe pensare a come l'Unione europea, di fronte alle pesanti conseguenze sanitarie e economiche del Covid, ha messo in campo con il Next Generation EU e il SURE uno straordinario impegno finanziario - di cui l'Italia è stata la principale beneficiaria - per rimettere in moto investimenti, realizzare opere e servizi, creare lavoro.
Non solo, ma nel mondo globale nessun Paese europeo ha da solo la dimensione e la forza per affrontare questioni - il cambiamento climatico, i flussi migratori, l'approvvigionamento energetico, le relazioni tra mercati, le nuove frontiere dell'intelligenza artificiale - che tutte richiedono risposte globali a cui soltanto un'Europa coesa e unita può concorrere. Esigenza tanto più evidente in uno scenario internazionale in cui l'Europa, dopo 80 anni di pace, è per la prima volta insidiata nella sua sicurezza.
Insomma, non è inseguendo illusioni sovraniste che l'Europa troverà la sua strada. Soltanto un più alto ed efficace livello di integrazione potrà consentire all'Europa di restituire ai cittadini certezze di lavoro, di crescita, di prosperità e di esercitare un ruolo da protagonista nella ridefinizione degli equilibri del mondo globale. Dopo l'Europa dei Padri fondatori e l'Europa dell'euro, è tempo di una terza fase dell'integrazione europea. Ed è questa la sfida a cui sono chiamate, in Italia e in Europa, le forze europeiste.
 

Piero Fassino
11 maggio 2024