Il PD ferma Salvini. Ora crescita e lavoro
27 set 2020 |
Dal voto del 20/21 settembre esce uno scenario politico ben diverso dalle previsioni fosche e distruttive che preconizzavano un netto successo della destra e una secca sconfitta del centrosinistra. Gli elettori hanno detto cose assai diverse: in 4 regioni su 7 al voto vince il campo progressista. Il centrosinistra vince in Toscana, Puglia e Campania, guidato dal PD che si afferma anche come primo partito. In Valle D'Aosta - dove non c'è l'elezione diretta del Presidente - l'esito elettorale consente la formazione di una maggioranza progressisti-autonomisti. E anche in molti Comuni andati al voto il centrosinistra e i suoi candidati risultano vincenti. La destra conferma la sua forza in Veneto e in Liguria e conquista le Marche, regione dove il PD si afferma comunque come il partito più votato. Pur mantenendo globalmente un consenso alto, la destra conosce un mutamento dei suoi equilibri interni: la Lega vede ridimensionati i suoi consensi spesso a vantaggio di Fratelli d'Italia in crescita e continua il declino di Forza Italia. 5Stelle che ha scelto ovunque - salvo in Liguria - di presentare propri candidati in solitudine, vede seccamente ridotti i suoi consensi. E minimi consensi hanno raccolto ItaliaViva, Azione e +Europa là dove - Veneto, Liguria e Puglia - hanno scelto di contrapporre propri candidati. Insomma: lo sfondamento della destra non c'è stato. E il PD viene riconosciuto dagli elettori come l'argine alla destra e il perno centrale di un campo progressista che esprime cultura di governo. Dal voto emerge anche un forte successo personale dei candidati Presidenti e di liste civiche da loro promosse: è la conferma - già vista nelle elezioni per i Sindaci - dell'importanza che riveste per gli elettori l'affidabilità personale di chi chiede il voto per guidare una Regione (o una città). Una tendenza di cui bisognerà tener conto nella definizione della nuova legge elettorale, prevedendo sistemi di voto che garantiscano agli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti. Scongiurato il pericolo di una affermazione della destra, il voto sollecita adesso le forze politiche di maggioranza a un salto di qualità. Per il PD, forte della fiducia ottenuta dagli elettori, si tratta di rilanciare la propria presenza nella società e nei territori, ricostruendo radici sociali e culturali forti e aprendo il partito al contributo delle tante energie - in primo luogo giovani - che hanno manifestato un impegno per un'Italia migliore e non rassegnata. E facendo del consenso elettorale ottenuto la leva per la costruzione di un rinnovato e largo campo progressista. Per 5Stelle si tratta di fare i conti con un risultato elettorale che dimostra la non credibilità di voler essere contemporaneamente forza di governo e movimento antisistema. Essere al governo impone assunzione di responsabilità e in un sistema pluripartitico la presunzione di fare da soli non è riconosciuta dagli elettori. Le forze minori di centrosinistra - ItaliaViva, Azione e +Europa - non possono ignorare che il progetto di rappresentare uno spazio liberal-democratico non può prescindere da un rapporto con il PD e da una collocazione nel campo progressista. L'esito elettorale in ogni caso allontana ipotesi di crisi di governo o addirittura di elezioni anticipate. Il governo esce rafforzato e può quindi adesso dedicarsi con dedizione a predisporre i progetti per l'utilizzo degli ingenti finanziamenti europei e le politiche di bilancio che consentano di rilanciare investimenti, creare lavoro, restituire certezze agli italiani. La parola d'ordine non può che essere "ripartire e rimettere in piedi l'Italia". Ed è su questo che governo e maggioranza verranno giudicati. Piero Fassino |