Ripartiamo insieme
La mia Newsletter, dopo una pausa necessaria per riallestirla, riprende in una nuova veste il dialogo che abbiamo condiviso in un tempo che i fatti di questi mesi ci fanno apparire lontanissimo. E dal 1º maggio avremo anche un altro luogo, il mio nuovo sito, con un'ampia informazione sui principali temi dell'attualità politica e sulla mia attività.
Ho voluto intitolare la newsletter "Ripartire", perché tutto quello che potremo condividere o su cui potremo anche avere opinioni diverse sarà dentro un Paese e un mondo che dovrà ripartire per essere diverso e migliore. In poche settimane Coronavirus ha costretto il mondo a ridisegnare modi di produrre, di consumare, di comunicare, di vivere. Cambiamenti che non si esauriranno con il superamento della fase acuta della pandemia. E anzi per ripartire sarà necessario cambiare punti di vista, analisi, politiche, comportamenti e stili di vita. Dovrà cambiare il nostro modo di guardare la globalizzazione, uscendo dal dilemma astratto se abbracciarla o rifiutarla e invece comprendendo che ogni fenomeno del pianeta, anche quando si manifesta in luoghi lontani, ci riguarda e investe la nostra vita. E dunque essere consapevoli che il tema di sedi e istituzioni per dare alla globalizzazione una guida che ne superi l'attuale anarchia non può più essere eluso. Dovrà cambiare il modello di sviluppo costruendo un nuovo equilibrio tra la produzione di beni e merci di uso individuale e la valorizzazione dei beni comuni in un rapporto tra uomo e natura che consenta di non disperdere le ricchezze del pianeta. Dovrà cambiare il modo di essere dell'Unione Europea che non può essere ridotta ad una somma di Stati gelosi della loro sovranità, quando proprio questa pandemia ci dice che nessuno può farcela da solo perchè se i problemi sono comuni servono soluzioni comuni e istituzioni comuni. Dovrà cambiare la considerazione della spesa sociale, lasciandoci alle spalle la convinzione, ampiamente diffusa in questi ultimi decenni, che la spesa per sanità, assistenza, scuola, servizi ai cittadini sia "improduttiva" e quindi comprimibile in nome di astratti equilibri di bilancio. E in particolare dovremo smettere di dedicare alla ricerca scientifica qualche decimale di punto di PIL, quando invece serve un salto rilevante di investimenti, essenziali per difendere la vita delle persone e del mondo. Cambierà il modo di lavorare, con una progressiva estensione di smartworking, lavoro agile, lavoro a domicilio, orari flessibili costruendo una nuova e inedita relazione tra esigenze produttive e tempi e stili di vita individuali e collettivi. Dovrà cambiare il modo in cui ideare e costruire le città, superando l'idea che la modernità si affermi solo con megalopoli e urbanizzazioni forzate - la Cina ne insegna gli enormi rischi - producendo depauperamento di interi territori delle loro ricchezze naturali, sociali e culturali. Cambierà ancor di più di quanto già non sia avvenuto il modo di comunicare. In un mondo sequestrato dalla pandemia, internet si è rivelato strumento indispensabile per informarsi, lavorare, studiare, commerciare, curarsi, mantenere relazioni e affetti, preservare la vita di comunità. Dovremo liberarci dei pregiudizi e delle paure verso ciò che è diverso da noi perché Coronavirus ha colpito persone di ogni colore, di ogni sesso, di ogni religione, di ogni cultura. E assicurare dignità di vita a ogni persona è condizione perchè sia degna anche la nostra esistenza.
Ecco, se l'espressione "nulla sarà più come prima", non vuole essere retorica dovremo riprogettare il modo di vivere di ciascuno di noi e della società. Assume perciò un significato più pregnante anche il 25 Aprile che segna la riconquista della libertà e sui cui valori sono nate la Repubblica e la Costituzione. Tanto più oggi abbiamo bisogno di ritrovare quel sentimento patrio, quel senso di appartenenza, quella coesione nazionale, quella speranza in un'Europa di pace e unità, che 75 anni fa permisero all'Italia di rinascere. Piero Fassino
22 aprile 2020
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