2 giugno: un patto nazionale per la rinascita

Nella vita di ogni Paese ci sono istituzioni, eventi e simboli in cui si riconosce l'intera nazione, al di là delle differenti appartenenze politiche, sociali, culturali. Simboli intorno a cui si ricompone l'unità di una nazione, si superano fratture storiche, si ricostruiscono valori condivisi, si educano generazioni a comuni responsabilità.
Così è per il 14 luglio in Francia, il 4 luglio negli Stati Uniti, il 3 ottobre in Germania. E così è in Italia per il 2 giugno che celebra la fondazione della Repubblica e rappresenta per tutti gli italiani un momento di comune appartenenza, di sentimento patrio, di unità e condivisione.
Tanto più importante è riconoscersi e unirsi in valori e simboli comuni nei passaggi difficili della vita di una nazione, quando la società e l'animo di ognuno è percorso da angoscia, ansie e paure che possono indurre a ripiegare nel proprio particolare e a ridurre il senso di appartenenza e la condivisione di responsabilità.
Viceversa quando si vuole lacerare un Paese se ne contestano i simboli. Ma occorre essere consapevoli che così si spacca una società, si incrinano valori condivisi, si dà fiato a ogni forma di conflittualità. E in sostanza si sollecita ciascuno a dismettere le proprie responsabilità.
Fu merito grande del Presidente Ciampi riconquistare tutti gli italiani a riconoscersi nel Tricolore e nell'inno di Mameli, quando per anni bandiera e inno erano stati usati come simbolo di parte. E non casualmente Ciampi perseguì quell'obiettivo in anni di acuta crisi politica e istituzionale segnata da crescente distanza tra i cittadini e la classe dirigente.
Ricordare tutto questo oggi è tanto più importante in un passaggio delicato della nostra società, scossa nel profondo dalle tante conseguenza di Covid19. Usciamo in questi giorni da tre mesi di blocco forzato della vita dell'intero Paese e di ciascuno di noi. Tre mesi nei quali 32.000 persone hanno perso la vita. Tre mesi nei quali le strutture sanitarie e chi vi opera sono stati sottoposti ad uno stress disumano. Tre mesi nei quali in ogni famiglia ci si è interrogati sul domani e ogni persona si è chiesto se avrebbe ritrovato il suo posto di lavoro o riaperto i battenti della sua bottega, del suo laboratorio, della sua azienda. Tre mesi nei quali siamo stati costretti a privare bambini e adolescenti della scuola, luogo centrale della loro formazione e socializzazione.
Ripartire, ritornare al proprio lavoro, riprendere una vita "normale", rimettere in moto il Paese è l'aspirazione, la volontà, il desiderio di tutti. Lo si è visto in questi primi giorni di fuoriuscita dal lockdown, segnati ovunque dalla volontà - quasi la frenesia - di riconquistare spazi e tempi perduti. È un segno di vitalità e di voglia di rinascita che va colto, e soprattutto non va deluso.
Qui c'è una responsabilità della classe dirigente del Paese. Tutta: quella politica, sia essa di governo o di opposizione, chiamata ad una dimostrazione di coesione e di comune responsabilità; quella economica chiamata ad uno sforzo straordinario di ricostruzione; quella culturale da cui deve venire un impulso forte a ripensare stili di vita, modelli urbani, forme di relazione, qualità dello sviluppo.
Sì, serve un grande "patto nazionale per la rinascita" a cui ciascuno possa concorrere mettendo in campo energie, intelligenze, creatività, spirito di intrapresa. Un grande momento di mobilitazione collettiva in cui ognuno possa identificarsi, dando il meglio di se' con la consapevolezza che insieme si può vincere la sfida della ricostruzione e della rinascita. Così fu all'indomani della guerra quando si ricostruì un Paese devastato. Così fu, pur in un contesto diverso, quando l'Italia fu tra i fondatori dell'euro. Così deve essere oggi.
Non c'è modo migliore per celebrare il 2 giugno che scommettere insieme sul nostro destino, costruendo tutti insieme il nostro futuro.
Piero Fassino